
 
  
Quando avengono nello stesso istante, per l'osservatore in
    grado di rilevarli.
    Nella relatività speciale per rilevare due eventi, per l'osservatore,
    sincroni dobbiamo porci in posizioni particolari.

Se AB sono gli estremi di un segmento in un sistema di
    riferimento in quiete, dove verrà rilevato l'evento e ci poniamo nel punto
    medio M, se all'istante T0 due fulmini colpiscono i punti A e B,
    l'osservatore in M affermerà che l'evento è sincrono ossia i due fulmini
    hanno colpito gli estremi nello stesso istante.
    Se il sistema fosse considerato in moto da A verso B ad una velocità
    prossima a C,l'evento verrebbe rilevato in M come un evento non sincrono,
    in quanto l'osservatore affermerà che il fulmine ha colpito prima B e poi
    A. Questo esperimento concettuale ci porta a considerare che gli eventi
    sono realmente sincroni solo per osservatori che si considerano in quiete.
    Per chi viene considerato in moto ad una velocità elevata sarà praticamente
    impossibile rilevare eventi sincroni.
E' eseenziale aver presente che nella relatività ristretta
    cambia la valutazione del tempo e dello spazio nel passaggio da un sistema
    di riferimento inerziale all’altro.
    Einstein si è posto il problema di definire con la massima precisione
    possibile gli strumenti che consentono di misurare il tempo e lo spazio.
    tali strumenti sono quanto di più umile e comune si possa immaginare:
    orologi e righelli.
Perché possano fornire misurazioni assolutamente uniformi e affidabili anche quando trasportati in differenti sistemi inerziali, orologi e righelli devono essere infatti accomunati tutti da un medesimo principio, qualcosa che sia invariabile e costante in ogni circostanza.
Se nel punto A dello spazio si trova un orologio, un
    osservatore che si trovi in A può valutare temporalmente gli eventi
    nell’intorno immediato di A osservando le posizioni delle lancette
    dell’orologio simultanee con questi eventi. Se anche nel punto B dello
    spazio si trova un orologio — aggiungeremo, “un orologio esattamente con le
    stesse proprietà di quello che si trova in A” — allora una valutazione
    temporale degli eventi nell’intorno immediato di B da parte di un
    osservatore che si trovi in B è pure possibile.
Non è possibile tuttavia, senza un’ulteriore deliberazione, confrontare temporalmente un evento in A con un evento in B; finora abbiamo definito soltanto un “tempo di A” ed un “tempo di B”, ma non abbiamo definito alcun “tempo” per A e B complessivamente. Quest’ultimo tempo può essere definito soltanto quando si assuma per definizione che il “tempo” che la luce impiega per andare da A a B è uguale al “tempo” che essa impiega per andare da B ad A. Ossia, parta un raggio di luce al “tempo di A” ta da A verso B, sia al “tempo di B” tB riflesso verso A e ritorni ad A al “tempo di A” t′a. I due orologi per definizione camminano sincroni quando tB − ta = t′a − tB .
In altre parole, se il tempo che la luce impiega ad andare dal primo orologio al secondo è uguale al tempo che impiega per tornare dal secondo al primo, allora i due orologi sono sincronizzati. Ne consegue che due eventi riportati da entrambi alla medesima posizione delle lancette sono simultanei, non importa quanto lontani tra loro siano i due orologi. Il “tempo” di un evento è, infine, l’indicazione fornita dall’orologio a riposo (cioè solidale con il sistema inerziale) che si trova nelle immediate vicinanze dell’evento. Dalla definizione di orologi sincroni discende anche la definizione di velocità della luce. È facile calcolare, infatti, che la velocità della luce V è uguale a 2 volte la distanza tra A e B (le posizioni dei due orologi sincroni) diviso la durata del viaggio di andata e ritorno della luce tra A a B.
Gli orologi appaiono sincronizzati solo agli osservatori
    solidali con il sistema inerziale a riposo.
    Per un osservatore che si trovi invece in moto insieme al regolo, gli
    orologi non sono più sincronizzati. Infatti, mentre il raggio luminoso
    percorre la distanza tra A e B (cioè la lunghezza del regolo
    rAB), il regolo si è mosso con velocità v, aumentando di una
    certa quantità la distanza che la luce deve percorrere. La durata
    tB — ta è pertanto uguale alla lunghezza del regolo
    rAB diviso la velocità della luce V meno la velocità del regolo
    v. Ma nel viaggio di ritorno della luce da B ad A il regolo ha continuato a
    muoversi con velocità v nella stessa direzione, sicché la distanza che la
    luce deve percorrere è ora diminuita, dal momento che l’estremo A del
    regolo sta venendo incontro al raggio luminoso. La durata t’a —
    tB è dunque uguale stavolta a rAB diviso la velocità
    della luce V più la velocità del regolo v. Le due durate sono differenti e
    i due orologi non sono sincronizzati per l’osservatore in moto con il
    regolo.