Einstein intuì che si doveva riformulare la relatività galileiana, inadeguata per spiegare ciò che si osservava e non in grado di fare previsioni attendibili per quanto concerne la velocità con cui si propaga la luce nei vari contesti.Ipotizziamo che la velocità di propagazione della luce nel vuoto sia costante e non dipenda dal sistema di riferimento e parimenti accettiamo l'idea che spazio e tempo non sono più grandezze assolute, in quanto il rapporto tra strada percorsa dal raggio luminoso e il tempo impiegato deve sempre dare C.
Se
per qualsiasi osservatore in qualsiasi contesto si operi, allora se la traiettoria apparentemente seguita dalla luce in due sistemi di riferimento in moto l'uno rispetto all'altro è diversa e più lunga di quella rilevata nel sistema di riferimento in cui si effettua realmente l'esperimento; dovendo ricavare la stessa velocità i due osservatori dovranno misurare intervalli temporali diversi.
Il primo osservatore affermerà che l'evento viene registrato empre nello st align="left"esso punto. Qui parte l'impulso luminoso, qui torna dopo un intervallo temporale
Pertanto il tratto L Laser specchio è pari a
Il secondo invece osserverà che il primo sistema è in moto e pertanto rileva che L'apparato sperimentale si è mosso come riportato nella figura sottostante.
L'osservatore che effettua l'esperimento determina
L'osservatore che vede il primo sistema muoversi a velocità vrel >0,14 C determina
Riprendendo quanto ricavato dall'analisi del sistema in moto potremo ricavare il legame tra il tempo dell'osservatore in moto e il tempo determinato dall'osservatore che consideriamo in quiete. Confrontando quanto ricavato dovendo assumere C sempre lo stesso valore e essendo Δ x = vrel Δt1 avremo:
Da questo si ricava che il tempo misurato dal sistema di riferimento
non solidale con quello in cui si è effettuato l'esperimento
rileva sempre intervalli temporali maggiori, ossia in ogni caso Δ t1 > Δ t.
Da adesso in poi chiameremo Δ τ il tempo proprio, ossia il tempo rilevato dall'osservatore presente nello stesso sistema di riferimento in cui si è effettuato l'esperimento.
Il tempo proprio verrà indicato con τ e l'intervallo di tempo proprio con Δ τ e scriveremo
la prima relazione come:
E' importante mettere in evidenza che non esiste un sistema di riferimento privileggiato a cui associare Δ τ .
In ogni sistema possiamo determinare il tempo proprio se effettuamo un esperimento nel quale abbiamo che l'inizio e la fine
dell'evento analizzato avviene nello stesso punto.
Da adesso in poi chiameremo il tempo proprio, ossia il tempo rilevato dall'osservatore presente nello stesso sistema di riferimento in cui si è effettuato l'esperimento.
Il tempo proprio verrà indicato con e l'intervallo di tempo proprio con e scriveremo la prima relazione come:
E' importante mettere in evidenza che non esiste un sistema di riferimento privileggiato a cui associare
. In ogni sistema possiamo determinare il
tempo proprio se effettuamo un esperimento nel quale abbiamo che l'inizio e la fine dell'evento analizzato avviene nello stesso punto.
In relatività non è facile ricavare leggi di conservazione. Per semplificare le previsioni e la risoluzione dei problemi dobbiamo
ricavare relazioni invarianti, sempre valide in tutti i sistemi di riferimento.
Chiameremo grandezze scalari quelle legate agli invarianti relativistici.
Partendo da un diverso aproccio dell'esperimento descritto ricaveremo il primo di questi scalari.
Come ricavare un legame tra L e L1?
Utilizzando il teorema di Pitagora: |
Questa relazione lega il tempo rilevato dall'osservatore 'in quiete' che ha effettuato l'esperimento tra due eventi che avvengono nello stesso
punto (start e stop del cronometro) e il tempo rilevato da un altro osservatore in moto rispetto al primo e che rileva lo stesso evento.
è
un invariante in quanto l'intervallo temporale di chi ha effettuato nel proprio sistema di riferimento la rilevazione del tempo intercorso
tra due eventi che avvengono nello stesso posto.
Tutti gli altri osservatori affermeranno invece che gli eventi avvengono
in posizioni diverse x1 e x2 (ipotizziamo sempre
per nostra comodità che il moto relativo avvenga sempre lungo
l'asse x).
La relazione sovrastante ha valore universale, vale per tutti. La potremo
generalizzare scrivendo:
lo
chiameremo intervallo di Lorentz o più semplicemente intervallo.
La relazione ricavata verrà utilizzata spesso nello studio di
eventi nello spazio-tempo. E' utile osservare che c Δ t è una lunghezza pari ai metri percorsi dalla luce nell'intervallo. Pertanto è utile ridefinire il concetto di intervallo temporale definendo l'unità di tempo metrico pari a 1/c metri = 1 secondo. Con questa nuova definizione si associa a c Δ t l'intervallo metrico Δ t ( il tempo qui è misurato in metri non in secondi) e l'intervallo di Lorentz prende questa forma:
L'intervallo metrico (metri/sec x sec = metri) è una lunghezza.
Spesso diciamo che il sole è a circa 8 minuti luce dalla terra, per indicare il fatto che la luce emessa dal sole impiega circa otto minuti per raggiungere il suolo terrestre.
A livello cinematico strada percorsa è uguale alla velocità di propagazione per il tenmpo impiegato.
Quindi rappresenta una distanza. Le relazioni connesse con l'uguaglianza:
ci portano a definire legami tra distanze.
Chiameremo distanza temporale (metri temporali) e lo assoceremo all'intervallo spazio-temporale Δ τ , mentre chiameremo distanza spaziale. Pertanto l'intervallo di Lorentz diventerà: