Come continuare ad indagare sulle particelle
utilizzando i raggi cosmici
Il fisico austriaco Victor Hess organizzò tra il 1910 e il 1913 una decina di spedizioni in
pallone trovando che inizialmente la ionizzazione diminuiva con l’altitudine, ma poi
iniziava ad aumentare rapidamente. All’altezza di varie miglia, la ionizzazione
risultava molto maggiore di quella presente sulla superficie terrestre. Un esperimento
decisivo fu effettuato da Hess il 7 agosto del 1912. Il pallone volò per due ore e
mezza, superando la quota di 5.000 metri: a quelle altitudini la ionizzazione risultò
doppia rispetto ai valori misurati a terra. Hess fu quindi in grado di trarre la
seguente conclusione: “I risultati delle mie osservazioni si spiegano meglio
assumendo che una radiazione di alto potere ionizzante entri dall'alto nella nostra
atmosfera”. Voli successivi effettuati dal tedesco Werner Kolhörster confermarono
che la radiazione penetrante a 9 chilometri di altezza era 10 volte superiore a
quella a terra
Negli stessi anni altri ricercatori cercarono di studiare le radiazioni provenienti dallo spazio, ossia i raggi cosmici
Osservate le tracce degli sciami prodotti dall’interazione dei raggi cosmici
con il metallo della camera comandata da un circuito di coincidenza
messa a punto da Blackett e Occhialini.
Nel 1932, anno della scoperta sperimentale del neutrone, il fisico americano Carl David Anderson fotografò
l’antielettrone o positrone dei raggi cosmici in una camera di Wilson nella quale era stabilito un campo
magnetico; come è noto l’effetto del campo magnetico è quello di incurvare il percorso di una particella carica
tanto più, quanto minore è l’energia della particella. Dall’incurvamento della traiettoria dei corpuscoli cosmici
Anderson poté risalire alla loro energia, ricavando che erano elettroni con carica positiva.
Alcuni processi mostrano la contemporanea produzione di coppie elettrone-positrone.
Oggi è accertato che la radiazione primaria, cioè quella
che dal cosmo incide sugli strati più alti dell'atmosfera, è costituita in
gran parte da protoni veloci, con energie dell'ordine del GeV (Giga elettron Volt pari a 1,602176565 x 10-10J);
inoltre la radiazione primaria contiene nuclei di elementi di basso numero
atomico (elio, litio). Gli urti fra le particelle della radiazione primaria e i
nuclei degli atomi di azoto ed ossigeno dell'atmosfera danno origine a molti
processi secondari in cui vengono prodotte particelle di vario tipo.
Scoperta del mesone
μ Negli anni trenta e quaranta gli urti ad alte energie erano
stati realizzati utilizzando come proiettili le particelle contenute nella
radiazione cosmica. Se si pensa che l’energia dei protoni primari è migliaia
di volte superiore a quella delle particelle
α usate
da Rutherford si comprende perché i raggi cosmici abbiano costituito per
ventenni la migliore fonte di proiettili per penetrare la materia e scoprire le
proprietà dei nuclei e delle particelle elementari. Però i raggi cosmici come
sorgenti di particelle ad alta energia avevano due grossi inconvenienti:
potevano essere utilizzati solo negli strati più alti dell'atmosfera per
mezzo di apparecchiature poste su palloni sonda (e quindi si escludevano
strumenti troppo pesanti) e avevano un’intensità molto bassa, cioè
contenevano poche particelle.
Fino agli anni cinquanta i ricercatori avevano individuato poche particelle 'elementari' come riportato in questa immagine.
Era stato possibile identificare le particelle ottenute da un raggio cosmico, quando interagiva con un atomo e da esperimenti effettuati in laboratorio.
I primi esperimenti con raggi cosmici come diedero
evidenza del positrone, così mostrarono l’esistenza di
una nuova particella:
il muone,
μ con una massa di m
μ =105 MeV (ricordiamoci che la massa di un protone è di 938 MeV.)
Il mesone
μ ha una vita media di 2,2· 10
-9 s
Le particelle
π verranno rilevate e studiate nelle iterazioni di raggi cosmici con protoni nucleari di atomi presenti
nella ionosfera.
Sono particelle con una massa di 140 MeV, che decadono mediamente dopo 2,6·10
−8 s